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Terapia energetica e crisi di identità - 25 di 32

Pubblicato da Mariano Robino in Trattamenti energetici · 19/3/2015 17:14:30

Con l'avvento della Rivoluzione Industriale nell'ambito lavorativo l'essere umano inizia a perdere la sua importanza e le tecnologie applicate introducono un nuovo concetto di qualità: non si produce più per soddisfare la richiesta di qualcuno, ma per vendere a chiunque; le macchine prendono a governare il processo produttivo, che necessariamente non ha spazio per quei particolari e preziosità proprie del lavoro manuale, ma ben s'adatta a un mercato via via sempre più indirizzato verso un consumo in continua e rapida mutazione.

Col passaggio all'automazione post-industriale le macchine consolidano la loro importanza, tanto che nuove regole prendono piede, aumentano gli strumenti a controllo numerico, diventa comune il concetto di iperproduttività: l'essere umano non è solo sempre meno autonomo nel suo lavoro, ma diventa quasi uno strumento accessorio per le macchine, che sempre più l'estromettono dai passaggi lavorativi: dove un tempo cento persone venivano occupate ora può bastarne una e non si riesce più a inventarsi con sufficiente rapidità nuovi lavori per occupare gli altri novantanove; ne consegue grave disagio per le popolazioni e nuovi seri problemi per mantenere l'ordine pubblico/sociale.

Questi fenomeni han portato a rivoluzioni sia nei trasporti che nelle comunicazioni: via l'avanzare lento d'animali e vele; progressivamente appaiono telegrafo, ferrovie, navi a vapore . . . autostrade, aeroporti . . . strumenti della realtà virtuale, per soddisfare l'esigenza di ridurre i tempi necessari aumentando sempre più sia la velocità che le dimensioni d'ogni invio: la calma per riflettere e agire in modo saggio da virtù viene squalificata a difetto, in ogni settore i tempi imposti sempre meno rispettano la natura umana e sempre più sono a misura di macchina; con ogni mezzo si cerca di rendere l'essere umano capace di funzionalità all'altezza dell'evoluzione tecnologica . . . Ma c'è da chiedersi se: "qualcuno ha il diritto d'usar macchine e tecnologia per renderci schiavi/burattini, o queste  non dovrebbero piuttosto servire a migliorare la qualità della vita di esseri coscienti del loro valore e posto all'interno dell'Universo?!!". Non bastano certo i vantaggi che passando dal macro al nano questa linea di sviluppo dell'attuale società offre a compensare il valore della rinuncia che in cambio pretende: diventare macchina significa cessare d'essere uomo/donna.

Senza voler contestare, ma solo per far chiarezza, penso valga la pena di riflettere sul fatto che tutto è cominciato dopo che con la scoperta dell'America gradatamente il centro del commercio è passato dal Mar Mediterraneo all'Oceano Atlantico e col passar dei secoli avvalendosi dei progressi delle tecnologie è stato possibile passare da un sistema economico basato sulla produzione e consumo di prodotti locali a uno basato sullo scambio di prodotti d'ogni zona del pianeta; conseguentemente ciò ha impresso un'accelerazione allo sviluppo della delocalizzazione produttiva dislocata in Regioni - Stati - Continenti diversi, e tale è stato il suo incremento che oggi porta all'interruzione parziale o totale dell'attività produttiva in una zona del pianeta con contemporaneo spostamento di suddetta attività in diverso sito allo scopo di godere dei vantaggi della nuova ubicazione. Se questo si fosse limitato al delocalizzare singole funzioni produttive nei luoghi effettivamente più adatti per ogni singola attività non ci sarebbero guai e si sarebbe così potuto anche risolvere il problema della povertà in tutto il mondo, giacché in ogni luogo del pianeta ci sarebbe lavoro e benessere per le popolazioni residenti; ma quando invece il tutto è legato unicamente alla convenienza economica e come al giorno d'oggi non esistono misure internazionali e intercontinentali idonee a compensare gli squilibri a livello planetario tra effetti positivi e negativi, ecco fare il loro ingresso problemi legati a sfruttamento (spostamento del lavoro in zone in via di sviluppo ove si possono tenere bassi i salari e al tempo stesso evitare di garantire i diritti umani, cosicché non vengono dati reali benefici a chi lavora e al tempo stesso si danneggia l'economia locale) insieme a politiche sistemiche attuate da alcuni Stati al fine di attirare investimenti stranieri; il risultato è avere da una parte territori che subiscono una netta diminuzione dei posti di lavoro e perdono competitività strutturale in quanto tutto l'indotto legato alle necessarie subforniture perde ragione di esistere, cosicché i lavoratori professionalizzati ai vari livelli non trovano più sbocco lavorativo per le loro competenze, e da un'altra territori che ottengono posti di lavoro, investimenti e strutture che generano un repentino aumento di ricchezza in effetti non equamente distribuita, senza che nessuno abbia mai comunque certezza di seguitare ad avere continuità lavorativa sul territorio.

Tutto ciò ha portato per gradi alla globalizzazione/mondializzazione, che di fatto è un processo di interdipendenze economiche, culturali, politiche e tecnologiche, che da una parte ha aumentato la velocità di inviare e ricevere comunicazioni - informazioni - merci, incrementando la concorrenza e offrendo opportunità di crescita anche a Paesi rimasti a lungo ai margini dell'economia; ma dall'altra ha aumentato le disparità sociali, ha causato la perdita delle identità locali, ha ridotto le sovranità nazionali e l'autonomia delle economie locali, ha leso il diritto alla riservatezza delle informazioni personali e della vita privata dei singoli, che ben difficilmente possono controllare che solo in casi di effettiva necessità altri possano accedere alle informazioni che personalmente li riguardano, e non ultimo ha una grossa responsabilità nel crescere del degrado ambientale.

Come nel 2008 ha ricordato Papa Benedetto XVI, questa globalizzazione non è sinonimo di ordine mondiale, inoltre i conflitti per la supremazia economica e l'accaparramento delle risorse idriche, energetiche e delle materie prime rendono difficile il lavoro di quanti, a ogni livello, si sforzano di costruire un mondo giusto e solidale. Anche se la storia insegna come il successo abbia inebriato chi non ha saputo rimaner consapevole dei propri limiti e del rispetto dovuto agli altri, sicché in diverse occasioni ci sono stati esseri umani che hanno perso la "Saggia Intelligenza", è davanti agli occhi di tutti che se l'eccessivo protezionismo nel passato si è rivelato una cattiva soluzione, oggi l'eccessiva liberalizzazione si sta rivelando una soluzione ancora peggiore; quindi è indispensabile riflettere e voler cercare e individuare un giusto equilibrio tra i due al fine di ritrovar anche il rispetto per il primato della Vita e aver così diritto ad avere Vita in sé. In tutti i campi sappiamo che vale la regola enunciata da un vecchio proverbio "Non tirar troppo la corda, perché prima o poi si strappa!"; pure in questo caso la cosa non cambia; e quel racconto sulla "Torre di Babele", sebbene proposto in un linguaggio "mitico e suggestivo", può benissimo essere il ricordo dell'ingloriosa fine d'una società umana che, ritenendo di dover rispettare null'altro che le proprie regole e non aver limiti d'azione, è "esplosa" distruggendo quanti si credevano i "padroni del mondo" e portando dalla globalizzazione alla superframmentazione.

Cordiali saluti.
Robino Mariano


© Robino Mariano



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